Lagotti nell'allevamento lager, denunciato il proprietario

Le guardie zoofile dell'Enpa scovano la struttura nella Bassa Piacentina: i cani in una baracca, costretti a vivere tra la muffa e i loro escrementi

Redazione Online
May 11, 2025|44 giorni fa
L'intervento delle guardie zoofile al cascinale
L'intervento delle guardie zoofile al cascinale
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Un allevamento amatoriale nella Bassa Piacentina in condizioni terribili, dove i cani erano «detenuti». È seguendo Giove, il giovane lagotto morto oltre un mese fa in autostrada, che le guardie zoofile Enpa hanno controllato il luogo da dove proveniva, scoprendo molte irregolarità e procedendo alla denuncia del proprietario e al sequestro degli animali, ora ricoverati nel canile municipale di Fiorenzuola.
Aveva commosso tanti la storia di Giove, il cagnolino piacentino acquistato da una coppia torinese a fine marzo e sfuggito dal guinzaglio in una sosta in autogrill sull’A21. Giove ha trovato poi la morte su quell’autostrada dopo giorni di tentativi di recupero. «Il cane, anche se docile, era poi risultato completamente non socializzato con il mondo esterno, tanto che si era dato a una fuga disperata in preda al panico», spiegano le guardie zoofile dell’Ente protezione animali di Piacenza. A loro era arrivata segnalazione della presenza del cane in A21 e del suo comportamento anomalo. Per questo, in seguito le guardie hanno disposto controlli «nell’allevamento “amatoriale” da dove proveniva Giove: un luogo nella Bassa Piacentina», si legge in una nota di Enpa.
Le guardie riferiscono di aver trovato «un cascinale rurale, dove l’allevatore obbligava cinque giovani lagotti - anche i fratelli di Giove - a vivere in un box che consisteva in una baracca pericolante». I cani, denuncia l'Enpa, erano costretti a vivere nei loro escrementi, il manto incrostato degli stessi. «Ma sorte forse peggiore toccava alle fattrici, tre cagnoline di razza lagotto detenute in un’ex stalla». «Il luogo di detenzione» viene definito «pregno di odore dato dalla sporcizia e senza areazione» mentre il giaciglio era «una rete metallica, fra escrementi, umidità e muffa».

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