L’ailanto albero esotico invasivo e pioniere sempre più in vista

Un esemplare gigante si trova ai Giardini Margherita

Dea De Angelis
April 25, 2025|89 giorni fa
L'ailanto ai Giardini Margherita© Libertà/Dea De Angelis
L'ailanto ai Giardini Margherita© Libertà/Dea De Angelis
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Albero del paradiso”, così si chiama per la sua capacità di crescere in altezza in poco tempo. “Ailanthus altissima” in latino, l’antica lingua usata per la nomenclatura scientifica dei viventi (flora, fauna e anche fossili) oppure semplicemente ailanto, in italiano. Abbiamo imparato a riconoscere questo singolare albero sempre più “radicato” nel nostro territorio urbano o rurale. Nessun viaggio - ahinoi - verso l’Oriente (dove lo chiamano chòuchun), suo habitat d’origine, ma semplicemente passeggiando lungo gli alvei dei nostri fiumi, lungo il perimetro dei campi coltivati o dei prati incolti della nostra provincia e negli angoli abbandonati o quasi della città. Non lo avete mai visto? Ve lo raccontiamo in questa rubrica dedicata a storie di alberi. Un esemplare solitario - in fotografia - ha messo radici da settant’anni ai giardini Margherita, l’area verde e storica di Piacenza tra le più note anche perché prossima alla stazione ferroviaria.
Alto, anzi altissimo è impossibile non notarlo vicino all’ingresso di viale Il Piacentino. Difficilmente l’ailanto, come la robinia, diventa una pianta secolare, è una specie – si dice – pioniera, in grado di colonizzare aree marginali senza vita a causa di fattori umani o naturali e vive in media solo qualche decennio. Non mancano eccezioni a conferma della regola e un ailanto monumentale si distingue per elevato valore storico e paesaggistico, per dimensioni ed età (ben 200 anni) nella corte del Castello normanno di Casalbore, provincia di Avellino. È altissimo, 15 metri, e isolato. Viene da domandarsi da dove arrivi…. Due secoli fa fu importato in Italia il bombice dell’ailanto, una falena asiatica, per la produzione della seta. Specie “aliena” naturalizzata, il bombice dell’ailanto in sé non arreca danni agli ecosistemi. I danni ambientali possono derivare dall’inarrestabile diffusione della pianta, l’ailanto, su cui vive. È un albero alloctono, una specie invasiva diffusa dai parchi cittadini alle zone rurali. Cresce con una certa facilità, infestando l’ambiente, spiazzando le vecchie querce. Insieme alla robinia è ormai naturalizzato in tutte e venti le Regioni d’Italia: dalla Campania alla Puglia, dal Veneto al Piemonte, dal Lazio alle Marche, dalla Toscana all’Emilia. Queste due piante “aliene” invero risultano efficaci stabilizzatrici dei versanti in pendenza. L’ailanto si diffonde attraverso la maturazione dei fiori oppure tramite i polloni, rami che si sviluppano ai piedi dell’albero. Abbiamo alcuni esempi di boschetti di questa pianta. Dalle mura di via XXIV Maggio se provate a sbirciare dentro l’ex ospedale militare, noterete in questi giorni spuntare molti rami di ailanti con le prime gemme fogliari. Albero pioniere come l’abbiamo definito e senza particolari esigenze ecologiche, ha trovato in quell’area incolta spazio per diffondersi. Non solo lì. Passeggiando lungo il “Giardino delle mura farnesiane” alcuni alberi distanziati poco riconoscibili senza chioma fogliare, rivelano con le prime gemme primaverili la loro identità. Non sono i classici noci. Non sono querce. Non sono tigli. Non sono bagolari. Non sono carpini. Non sono ippocastani ma sono ailanti.

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