Il cinema di Bobbio cerca un nuovo gestore. «Un gioiello»
Nel 2026 l'attività compirà 115 anni e Stefano Bernardi, che la porta avanti dal 2010, settanta: «Giusto che altri possano provare a vivere questa magia»

Elisa Malacalza
April 29, 2025|38 giorni fa

Il gestore Stefano Bernardi © Libertà/Pietro Zangrandi
Sul portone del cinema Le Grazie di Bobbio, unico sopravvissuto in tutta la montagna, è stato affisso un foglio con poche righe: si cerca un nuovo gestore. A segnalarlo è stato il lettore Emanuele Maffi, ieri nelle lettere pubblicate da Libertà: «Ma non vuol dire che chiudiamo da un giorno all’altro...», rassicura Cosetta D’Isola, che dal 2010 mette cura e cuore con il marito Stefano Bernardi in questo tempio di cultura fatto anche di ostacoli, imprevisti, peripezie, colpi di scena. E magia. «Per imparare il mestiere dai precedenti gestori, Ennio e Carlo Giafusti, ci è servito un annetto. Per questo abbiamo diffuso già ora l’appello a farsi avanti. Perché non ci si improvvisa cineproiezionisti. Se qualcuno è interessato, abbiamo il tempo giusto per trasmettergli quel che abbiamo imparato», precisa Cosetta.
Contro crisi e streaming, il 31 dicembre 2026 il cinema d’essai di Bobbio taglierà l’incredibile traguardo dei 115 anni. E Bernardi, invece, ne compirà settanta: «Per questo ci sembra giusto iniziare a dire che faremo un passo indietro. Bisogna avere fisiologica consapevolezza del tempo», precisa Cosetta, che è ottimista sul futuro del cinema. «Questo è un gioiello, come un cinema di città. Per tanti è una tradizione irrinunciabile. E non è un peso, sia chiaro. Certo, è un impegno, come ogni mestiere, ma la pratica rende tutto più semplice».
Nel vicolo, in origine c’era la chiesa dell’ospedale, fino al 1970, quando il cinema, che era prima in Santa Chiara, traslocò qui. «La proprietà è della diocesi, che ci ha sempre trattati con affetto. Abbiamo cercato di garantire un servizio continuativo, soprattutto per chi vive in valle tutto l’anno, così come ci sono il fruttivendolo, il panettiere, l’ospedale. Il borgo non è “finto”, è fatto di persone in carne e ossa, cui servono strade, ospedali, negozi. E luoghi di cultura, di divertimento, di riflessione».
A Stefano è capitato anche di ricevere la telefonata del regista Pupi Avati. «Ci sono registi attenti ai cinema come il nostro, siamo conosciuti, inseriti nei circuiti Agis, Fice. La gioia più grande? Un papà è venuto qui con il suo bimbo per vedere “Moon il panda”, l’altro giorno, e gli ha detto “Ecco questo è un cinema vero”. Per il piccolo era la prima volta».
Stefano, prima delle proiezioni, al mattino fa il volontario all’Emporio solidale di Piacenza; Cosetta si impegna con lui nel Gruppo animalista piacentino. «Quando troveremo un nuovo gestore spero di poter dedicare tempo agli altri», precisa lei, prima di correre a sistemare tutto, ieri, per la prima nazionale delle 18.30, “Una figlia”.
Anche il cinema è come un figlio? «No, nulla è una nostra creatura. Altri troveranno il loro stile, il loro modo di portarlo avanti».
