“Ladyhawke”, quarant'anni di atmosfere fantasy all’ombra della Rocca Viscontea

Castellarquato celebra quel set indimenticabile. Il film sarà proiettato in piazza ad agosto

Federica Duani
April 30, 2025|37 giorni fa
Broderick, Hauer e Pfeiffer in una scena del film "Ladyhawke" (1985)
Broderick, Hauer e Pfeiffer in una scena del film "Ladyhawke" (1985)
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La secca divisione tra buoni e cattivi, l’eroe forte e vincente, le psicologie semplificate: “Ladyhawke”, oggi un po’ vintage e da quarant’anni cult, grida anni ‘80. Ne si potrebbe fare una saga alla Harry Potter, una serie tv alla pop-corn e divano: fatto sta che il film segnò uno spartiacque nel filone fantasy. Diretto da Richard Donner (che sette anni prima rubò la scena cinematografica con “Superman”) uscì nelle sale statunitensi nell’aprile 1985 e qualche mese dopo in quelle italiane, il 18 ottobre.
Castellarquato ne fu scenario, il set occupò piazza del Municipio nei mesi di settembre e ottobre 1984: non da solo, va da sé. Nel nord Italia doveroso citare la Rocca Sforzesca di Soncino (Cremona) e il Castello di Torrechiara (Parma).
Eppure, leggenda vuole che la storia maledetta del capitano Etienne di Navarre (Rutger Hauer) e della bella Isabeu di Anjou (Michelle Pfeiffer), ambientata tra XIII e XIV secolo, un po’ sia debitrice al borgo arquatese. Per ben due rimandi. Primo: la storia tanto appassionata quanto disperata tra il giovane cavaliere Des Grieux e la seducente Manon nella “Manon Lescaut”, che debuttò nel 1893 su libretto firmato Puccini ma in verità fu frutto di un gruppo di lavoro che vedeva la mano anche del drammaturgo arquatese Luigi Illica. Secondo: Sergio Montale e Laura Dellavigna, gli innamorati rinchiusi nei sotterranei della Rocca Viscontea per il fuoco della passione, una storia proibita datata 1620. Poi, colpo di scena, i ruoli si invertirono e “Ladyhawke” diventò un simbolo. Per il paese, Castellarquato stracitato: Donner alla regia, Vittorio Storaro alla fotografia, un cast che ad Hauer e Pfeiffer affiancò Matthew Broderick nei panni di Philippe Gaston, ladruncolo di strada, e John Wood in quelli del Vescovo di Aguillon.
Per il genere fantasy: fu uno dei primi, praticamente contemporaneo a “La storia infinita” di Wolfgang Petersen (i due si scartano qualche mese), poco dopo “Star Wars” di George Lucas, che era già nelle sale dal 1977. Per il mondo: dopotutto sono 20th Century Fox e Warner Bros. a pagare 20 milioni di dollari dell’epoca. In “Ladyhawke” ci sono folklore, richiami al mito europeo, verosimiglianza e dinamismo di regia più che di costumi.
Giochi di luci e ombre accompagnano la coppia di amanti colpiti da una maledizione che impedisce loro di stare insieme. In “Ladyhawke” c’è Castellarquato: Hauer vi tornò nel 2002 e confessò in un’intervista al giornalista Oliviero Marchesi (pubblicata su “Libertà” il 14 giugno di quell’anno) che durante le riprese aveva il «fuoco di Sant’Antonio sul torace che mi dava un fastidio terribile a girare quelle scene».
Un revival che Castellarquato celebrerà con una proiezione: «Ad agosto, in occasione del cinema all’aperto, proietteremo “Ladyhawke” in piazza del Municipio. L’idea, poi, è quella di allestire una mostra al Palazzo del Podestà: manifesti e vecchi reperti, la organizzeremo con l’associazione Gens Innominabilis», spiega il vicesindaco Umberto Boselli.

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