Orfani di vittime di femminicidio, la richiesta di un albo

La proposta alla politica parte da Piacenza, dove vive e lavora Giovanna Cardile, insegnante che vide la madre uccisa dal padre

Filippo Lezoli
April 23, 2025|45 giorni fa
Orfani di vittime di femminicidio, la richiesta di un albo
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Giunge da Piacenza la richiesta perché sia creato un albo nazionale che contenga i nomi degli orfani di vittime di femminicidio. Arriva da Giovanna Cardile, nata a Messina, oggi insegnante di 45 anni a Gossolengo, che ha assistito all’uccisione della madre per mano del padre quando di anni ne aveva cinque. Più ancora che una proposta, la sua è una richiesta a chi fa politica di portare questa istanza a Roma. Risiedendo a Piacenza, in primo luogo l’appello è rivolto ai politici del nostro territorio. «Noi, figli di vittime di femminicidio - dice Cardile - siamo considerati effetti collaterali dell’omicidio di nostra madre. Occorre fare qualcosa e farlo in fretta. Innanzitutto credo che serva un albo in cui inserire i bambini e i ragazzi che si trovano in questa situazione».
«Io sono stata fortunata - premette la donna - perché ho trovato presto una famiglia che mi ha accudito e dato amore, ma per tanti bambini che hanno vissuto una tragedia come la mia non è stato così». Uno degli obiettivi dell’istituzione dell’albo è quello di dare una dimensione al fenomeno, aspetto propedeutico all’assistenza di cui questi ragazzi hanno bisogno. 
Qualcosa di recente è cambiato con la legge 4 del 2018 che prevede borse di studio, orientamento e avviamento al lavoro, sgravi fiscali per chi assume questi ragazzi, sostegno psicologico e l’assegnazione di 300 euro al mese per ogni minore la cui madre è stata uccisa dal marito o dal compagno. «Ma le difficoltà non scompaiono d’incanto con i diciotto anni» dice Cardile. «Questi ragazzi - prosegue - necessitano di appoggio psicologico, emotivo ed è fondamentale un aiuto economico, possibilmente anche un percorso accelerato per le adozioni, un iter questo che può essere lunghissimo». Porta poi un esempio: «Conosco un professore universitario, Damiano Rizzi, la cui sorella è stata uccisa dal marito. Ha dovuto attendere otto anni per adottare il nipote. Non è possibile, tanto più all’interno della stessa famiglia».
«Anche per questo il primo passo da compiere - chiude Cardile - è l’istituzione di un albo per chi ha vissuto il mio dolore».

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