Dopo l'infarto sul campo da padel, Gianluca ritrova la vita
Ieri ha voluto dire grazie ai suoi soccorritori, un medico e un volontario di Croce rossa fuori servizio. "Senza il defibrillatore sarei già morto"

Elisa Malacalza
April 28, 2025|39 giorni fa

La lettera di dimissioni, firmata dai medici giovedì, dopo l’infarto del 16 aprile al campo da padel di via Gorra, dice così: “Arresto cardiaco resuscitato”. «So che è un gergo tecnico ma fa impressione», sottolinea Gianluca Groppi, 62 anni. Ieri si è concesso una passeggiata, finalmente, nella domenica di sole. Nulla è più ovvio e banale, quando sei vivo: «So che senza il defibrillatore presente al campo di padel il mio arresto cardiaco non sarebbe stato “resuscitato...”». Ha ragione: di quel mercoledì sera, come era stato riportato da Libertà, Gianluca non ricorda nulla, se non quel che accadeva “prima” del buio. «Ho perso il primo set, mi sono fermato un attimo. Ho detto agli altri “Vado a bere qualcosa al bar”. Dopo, il nulla. Il ricordo successivo è di undici ore dopo, in Rianimazione all’ospedale di Piacenza». Ieri ha cercato i numeri di telefono di chi lo ha tenuto in vita con il massaggio cardiaco e il defibrillatore in attesa dell’ambulanza e del trasporto in volata all’ospedale di Piacenza. «Volevo dire grazie al dottor Matteo Guglielmi e al soccorritore Tiziano Marchino. Nel campo, in quel momento, c’erano proprio loro, un medico e un volontario soccorritore esperto», racconta Gianluca, che è ora in attesa dell’intervento a Parma per il bypass, previsto a maggio.
Il valore vero degli amici
Non aveva mai giocato a padel: «Mi ha chiamato il mio amico Stefano, che conosco da quando ho 11 anni e andavamo entrambi alla “Vittorino”. Con lui ho sempre giocato a tennis, e a volte abbiamo anche vinto», sorride il 62enne. «Stefano mi ha detto che erano in tre, gli mancava il quarto giocatore, “Devi proprio venire”. Ero commosso, mi capita quando un amico ci tiene a condividere con me una cosa che lo appassiona. E sa cosa le dico? Che preferirei morire cento volte accanto a un amico vero come Stefano che da solo tagliando l’erba. Sono stato anche suo testimone di nozze... I miei amici quella notte, mentre ero in Terapia intensiva, sono rimasti lì per me fino all’1 di notte. Sono fortunato». Ed è fortunato, dice, anche di poter contare sulla sanità pubblica: «Io ora sto camminando con un defibrillatore portatile che mi monitora 24 ore su 24, collegato a una centrale operativa. E quanto mi costerà? Nulla», dice il salvato.
«Non mi era mai capitato»
Il dottor Gugliemi l’uso del defibrillatore lo sa a memoria. Ma lo aveva imparato solo sui libri e lo aveva testato sui manichini: «Non mi era mai capitato di trovarmi davanti una persona in arresto cardiaco. Stavo giocando a padel quando ho sentito dire “Matteo, vieni, serve un dottore, una persona è caduta a terra”. Penso che Gianluca si sia salvato grazie al defibrillatore e questo mi conferma quanto sia importante vivere nella provincia più cardioprotetta d’Europa. Essere intervenuti in due minuti ha fatto la differenza».
«Spero di abbracciarlo»
Marchino lavora a Vigolzone, alla Mcm, ma da trent’anni indossa la divisa della Croce rossa: «Mi era già capitato di dover defibrillare qualcuno, ma sulle ambulanze, in altro contesto, circondato da soccorritori. Qui lo stress è stato più elevato, lui era cianotico. Quando ho sentito che stava riprendendo a respirare mi sono sentito felice».