Alcuni psicologi propongono videogiochi ai loro pazienti

Ne parla il libro Video Game Therapy. Teoria e pratica clinica scritto da più esperti

Francesco Toniolo
April 29, 2025|36 giorni fa
Alcuni psicologi propongono videogiochi ai loro pazienti
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È possibile utilizzare i videogiochi come strumenti terapeutici? Secondo alcuni psicologi, la risposta è sì. E non parliamo solo di nomi internazionali, anche in Italia ci sono alcuni esperti che stanno esplorando questa nuova frontiera. La loro esperienza è stata raccontata in un libro uscito qualche mese fa e intitolato Video Game Therapy. Teoria e pratica clinica, edito da Utet.
Come recita la quarta di copertina, “giocare è una cosa seria e può diventare una preziosa risorsa nel complesso percorso verso il benessere”. Per cui, nonostante i molti pregiudizi ancora in circolazione, il videogioco non è necessariamente nocivo. Al contrario, può diventare una risorsa preziosa in moltissimi ambiti, terapia inclusa. Attraverso l’esperienza videoludica, infatti, i pazienti sono incoraggiati a riflettere sulle loro emozioni, sul loro carattere, sugli aspetti salienti delle loro esperienze di vita e molto altro ancora. Questo avviene perché i videogiochi sono una palestra emotiva ed esperienziale, in cui possiamo vivere situazioni che sfidano la nostra bussola morale, i nostri sistemi di valori e le nostre credenze, senza però metterci realmente nei guai. O meglio, questo è ciò che fanno alcuni videogiochi. Una precisazione probabilmente inutile per chi gioca abitualmente, ma necessaria per coloro che guardano il medium dall’esterno. Questa è una delle ragioni per cui simili percorsi sono guidati da un terapeuta, che oltre a selezionare le esperienze videoludiche più utili allo specifico caso, sa anche capire come incanalare gli stimoli forniti dal gioco in riflessioni e considerazioni che aiutino il paziente nel suo percorso.
Video Game Therapy è stato scritto da un team multidisciplinare composto da Francesco Bocci, Elena Del Fante, Ambra Ferrari, Alessandra Micalizzi e Marcello Sarini. il loro testo è diviso in due sezioni principali. La prima propone un più tradizionale inquadramento teorico, utile per comprendere i fondamenti e le basi della Video Game Therapy. Si parla per esempio del flow, che definisce l’esperienza ottimale (di gioco, ma non solo) in cui siamo totalmente concentrati, essendo immersi in un’esperienza di “flusso” in cui ci viene proposta una sfida positiva che ci spinge a migliorarci sempre di più, evitando frustrazione da un lato e noia dall’altro. Possiamo imbatterci nel flow in numerose esperienze, ma è più facile che si attivi nei videogiochi, avendo una curva di difficoltà pensata per rendere la partita ingaggiante.
La seconda parte del libro è quella più curiosa e specifica, perché va a presentare degli esempi concreti di Video Game Therapy applicata. In questo modo non ci si limita a fornire delle generali indicazioni di base, ma si va anche a mostrare che tutto ciò è già stato messo in pratica in più di una occasione. Attraverso gli esempi forniti è quindi possibile estrapolare alcune buone pratiche, per coloro che volessero impostare un percorso terapeutico similare.
Il libro, di circa 230 pagine, si rivolge principalmente a psicologi, psicoterapeuti, educatori e formatori, interessati a esplorare nuove modalità di intervento terapeutico, ma può essere una lettura stimolante anche per i videogiocatori più curiosi. In fondo, la Video Game Therapy rappresenta una proposta concreta di integrazione del linguaggio videoludico in un contesto in apparenza estraneo e lontano. Direi che è un bello spunto di riflessione per chi ama i videogiochi.
LIBRI SULLA PSICOLOGIA DEI VIDEOGAME? NE ESISTONO TANTI, ANCHE IN ITALIANO
Ormai lo sappiamo bene: i videogiochi non sono solo un semplice passatempo da guardare con sospetto. Da diversi anni sono diventati, con frequenza crescente, anche l’oggetto di studio su cui si sono soffermati un gran numero di professionisti. Tra le loro fila possiamo annoverare anche diversi psicologi e psicoterapeuti, che hanno analizzato l’impatto del gaming sulla mente umana e hanno talvolta utilizzato i videogiochi stessi all’interno di percorsi terapeutici. Sono stati scritti anche diversi libri sull’argomento, con un taglio più o meno divulgativo, per cui chi volesse approfondire questo mondo ha parecchio da poter leggere, anche in lingua italiana.
Per chi volesse una panoramica accessibile ma esaustiva sull’argomento, un ottimo punto di partenza è il lavoro di Giuseppe Riva e Stefano Triberti, che nel 2024 hanno pubblicato Psicologia dei videogiochi. Mente, identità, esperienza nei mondi virtuali per Maggioli Editore. Il loro libro mostra in che modo i videogiochi vanno a influenzare la mente, l’identità e le emozioni dei giocatori, spiegando i benefici e i potenziali rischi legati alla fruizione di questo medium. Il loro testo è anche l’ideale aggiornamento di un altro libro con un titolo simile, che era stato pubblicato qualche anno prima dalla stessa casa editrice: Psicologia dei videogiochi. Come i mondi virtuali influenzano mente e comportamento (2013), di Stefano Triberti e Luca Argenton. Anche Giuseppe Riva aveva già pubblicato in passato degli testi in cui parlava di videogiochi, come La solitudine dei nativi digitali. Tablet, cellulari e videogiochi (2019).
Per chi fosse in cerca di un approccio differente, più legato al punto di vista dei videogiocatori e al loro personale vissuto, c’è un altro libro da cui poter partire. Si tratta di Game Hero. Viaggio nelle storie dei videogiocatori, pubblicato nel 2021 dall’editore Ledizioni. L’autrice del libro è Viola Nicolucci, psicologa e psicoterapeuta che da anni si occupa di videogiochi, contrastando diversi stereotipi che ancora ruotano intorno al medium. In Game Hero, Viola racconta le storie di videogiocatori e videogiocatrici, con un approccio narrativo ed empatico. Alcune di queste storie riguardano personaggi noti, come famosi streamer. Altre raccontano il vissuto di persone comuni. In tutti i casi, le loro esperienze mostrano come i videogiochi siano stati per molti degli spazi di crescita, di costruzione dell’identità e di sviluppo relazionale. Se questo approccio vi piace e l’inglese non vi spaventa, consiglio anche la lettura di Checkpoint: How video games power up minds, kick ass, and save lives, scritto da Joe Donnelly e pubblicato nel 2020. È un libro autobiografico, in cui l’autore racconta di come i videogiochi gli abbiano letteralmente salvato la vita, durante un periodo molto cupo. È una storia che merita di essere letta e alcuni punti del discorso di Donnelly si ritrovano anche nelle storie selezionate e raccontate da Viola Nicolucci.
Tornando invece alle pubblicazioni degli ultimi mesi, Video Game Therapy. Teoria e pratica clinica (2024) è ottimo per coloro che vogliono esplorare l’applicazione concreta dei videogiochi in un percorso terapeutico. Uno degli autori del libro è Francesco Bocci, psicologo e psicoterapeuta ad orientamento Adleriano, aveva già pubblicato in passato un altro libro: Dentro il videogioco. Viaggio nella psicologia dei videogiochi e nei suoi ambiti applicativi (Ananke Lab, 2019).
Insomma, c’è parecchio da leggere anche per chi non ha la voglia o le capacità di addentrarsi nella selva dei paper scientifici. Chiudo con un ultimo consiglio di lettura, che esce dal campo della psicologia ma che ha diversi punti di contatto con i testi citati fin qui. Sto parlando del libro Vite extra. Educare a una cultura del videogioco, scritto da Alessandro Soriani e pubblicato nel 2024 con Edizioni Junior. Questo testo fa il punto della situazione sulle potenzialità educative dei videogiochi, sia in contesti educativi e formativi strutturati sia nella quotidianità domestica. È un’ottima lettura per docenti e formatori, ma anche per i genitori. Soriani elenca rischi e potenzialità del medium, mostrando alcuni possibili esempi di impiego virtuoso e sottolineando quanto sia importante riflettere sul tempo di qualità speso davanti allo schermo. Invece di domandarsi “per quanti minuti si dovrebbe giocare?” è più proficuo chiedersi che cosa avviene, durante quei minuti, e capire come trasformarli in una bella opportunità educativa.

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