Studentessa suicida, c'è un'indagata per le umiliazioni subite
La procura di Reggio Emilia ha chiuso l'inchiesta per abuso di mezzi di correzione sulla 21enne di Cadeo Paola Ballerini. I genitori: «Un primo passo»

Elisa Malacalza
May 14, 2025|21 giorni fa

Paola Ballerini aveva solo 21 anni
Un gruppo WhatsApp, "L’incubo non ha mai fine", diventato un diario segreto tra la piacentina Paola Ballerini e altre tirocinanti di Infermeria, un taccuino aggiornato dove ogni giorno venivano annotati gli atteggiamenti riscontrati in ospedale finiti al centro di un’indagine della procura di Reggio Emilia. L’incubo senza fine è quello che avrebbe causato un «grave e irrimediabile stato di disperazione» e alla tragica morte della 21enne studentessa di Infermeria che si gettò dalla Pietra Bismantova a Castelnovo Monti, la notte del 10 maggio di tre anni fa.
Nelle ultime ore è arrivata una svolta inaspettata: le indagini, che erano state aperte dalla procura di Reggio Emilia subito dopo il gesto estremo di Paola Ballerini, sono state chiuse il 15 aprile con un nome e un cognome nel registro degli indagati: si tratta di un’infermiera, che ai tempi dei fatti era tra i referenti per le tirocinanti all’arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. È lei a risultare infatti indagata per abuso di mezzi di correzione e di disciplina. Dovrà presentare una memoria difensiva, assistita dall’avvocato Nicola Tria del foro reggiano. La famiglia di Paola, la studentessa universitaria che viveva a Cadeo, faceva la volontaria nella Pubblica di Cortemaggiore (in prima linea anche nel nero Covid) e sognava di fare l’infermiera, è invece rappresentata dall’avvocata Elena Vincini di Piacenza: con la legale e forti dell'autopsia psicologica effettuata dalla dottoressa Maria Cristina Meloni, da subito i familiari avevano insistito perché sulla fine orrenda di Paola si facesse doverosa chiarezza.
Mamma Enrica e papà Francesco, che da quel giorno dicono di non vivere più se non per avere giustizia per la loro Paola, hanno raccolto nel tempo un dossier di testimonianze, chat, messaggi della figlia, sottoponendoli all’autorità giudiziaria e chiedendo venisse aperta un’indagine: così è stato.
Già nel 2022 era stato infatti aperto un fascicolo contro ignoti; e ora c’è invece un nome, che secondo gli inquirenti avrebbe dovuto tutelare e sostenere Paola nel suo percorso formativo anziché gettarla nella disperazione a poche settimane dalla laurea, prevista a ottobre, e dal compleanno.
In questa vicenda c’è inoltre un altro nome, non di un indagato ma di un’altra parte lesa, che si è fatta avanti raccontando quell’ «incubo senza fine», come lo chiamavano le studentesse: una testimone che avrebbe raccontato l’angoscia di Paola e delle altre giovani.
«Ora siamo agitati, ma anche soddisfatti, perché qualcuno ci ha almeno ascoltati. Siamo solo all’inizio, lo sappiamo», sottolinea Enrica Bazzini, che domenica è tornata a pregare nel santuario di Fontana Fredda, vicino a Roveleto, dove nel maggio del 2022 era stato celebrato lo straziante addio alla figlia e dove don Umberto Ciullo, quel giorno, non aveva usato mezzi termini, dall’altare: «Abbiamo un mea culpa da farci tutti, anche se qualcuno dovrà farselo in modo più perentorio e onesto», disse. Era il giorno della Festa della mamma, a poche ore dalla Giornata internazionale dell’infermiere. Sarebbe diventato anche l’anniversario di Paola, che era stata tirocinante in Pediatria, a Reggio Emilia, dal 14 marzo al 30 aprile 2022.
Sarebbe stato in quel mese e mezzo che l’abuso dei mezzi di correzione e di disciplina avrebbe causato in Paola un cortocircuito emotivo e psicologico pesantissimo, nei termini di "irrimediabile stato di disperazione", si legge negli atti.
«Nostra figlia si è tolta la vita pur di non dover riaffrontare nuovamente gli abusi descritti», sono convinti i genitori. «Abbiamo assistito agli attacchi di panico di Paola in quei giorni. Il suo operato era costantemente monitorato, era stata umiliata pubblicamente, sminuita dal punto di vista professionale. Davanti ai pazienti. Nostra figlia non era fragile, era forte, ma ha pensato che il suo sogno, fare l’infermiera, si sarebbe dissolto. Non sapeva più di chi fidarsi, non sapeva a chi chiedere aiuto. Ha sempre avuto il massimo dei voti, negli stage precedenti non c’è mai stato un solo problema».
Era titolare di una borsa di studio, Paola, su Instagram scriveva "Cerca qualcosa di positivo in ogni giorno anche se in alcuni giorni devi cercare più a lungo", aiutava gli altri e in tasca aveva già i biglietti per il concerto di Vasco Rossi, per cantare sotto al palco Sally, insieme alle amiche di sempre: «Non si è mai arresa davanti alle difficoltà», insiste Enrica. «I suoi amici hanno raccontato quanto potesse pesare l’omertà che in tanti sentivano addosso». Aggiunge: «Paola era una ragazza solare, altruista, sensibile, generosa. Combattiva. Nessuno si aspettava una fine così». Nessuno si aspettava neppure questa svolta: la mamma e il papà sì, ne erano già sicuri.
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